Chi pensa di chiedere un sostegno psicologico molto spesso è fermato da domande e dubbi che non trovano una risposta. Questi interrogativi lasciano confusi e portano la persona a rinunciare, abbandonando completamente la possibilità di fare qualcosa per stare meglio, convincendosi erroneamente che al più presto quel malessere passerà. È naturale porsi domande di questo tipo ed è legittimo conoscere qualcosa del percorso che si sta per intraprendere.
Cosa significa “fare psicoterapia”?
Per dare una risposta che si avvicini il più possibile alla verità, è necessario pensare alla psicoterapia come ad un viaggio, dai confini non sempre definiti. Un percorso dove è possibile dare voce a esperienze emotivamente intense e dove poter trovare un’atmosfera di rispetto, fiducia, accoglimento e comprensione. Un percorso di crescita che non ha un tragitto definito a priori ma che può essere modificato durante il suo svolgimento e interrotto in qualsiasi momento il paziente lo senta necessario.
I percorsi di terapia sono tutti uguali?
No, ci sono orientamenti e tecniche diverse. L’approccio psicodinamico si concentra sul mondo interiore della persona che, per dare significato agli stati di sofferenza, parte dalla storia di vita. Inoltre cerca di dare voce alle emozioni che possono essere state rimosse o risultare inconsapevoli. Nell’approccio sistemico relazionale, invece, l’attenzione del terapeuta non è rivolta al mondo interno ma alle relazioni. La sofferenza della persona è considerata portavoce di un disagio più allargato che si manifesta all’interno di questo sistema relazionale. Infine, approcci come il cognitivo- comportamentale e lo strategico breve agiscono differentemente perché utilizzano metodi basati su tecniche rivolte alla gestione e contenimento del disagio. Ma, al di là dello specifico modello di intervento, tutti gli approcci condividono alcuni aspetti:
- Atteggiamento di cura e attenzione verso il paziente
- Ascolto non giudicante
- Libera espressione dei vissuti
- Lettura differente della realtà
- Segreto professionale
La scelta dello psicologo e dello specifico approccio è, però, solo secondario allo sviluppo di una buona relazione e alleanza terapeutica. Avere fiducia nello psicologo e trovare una buona sintonia faciliterà il dialogo, l’espressione del disagio e, di conseguenza, la cura.
Poltrona o lettino?
Quando si parla di psicologia come non pensare a Freud e al suo famoso lettino? Considerata la sua grande influenza è naturale associare la terapia psicologica con l’uso del lettino, al punto tale da immaginare che quello sia l’unico setting utilizzato. Le cose sono molto cambiate e anche se alcuni psicoterapeuti che seguono il modello di terapia freudiano possono utilizzare ancora il lettino, la maggior parte degli psicoterapeuti con diverso orientamento lavorano utilizzando un setting vis à vis (faccia a faccia).
Quindi, cosa troverete in uno studio di psicoterapia?
La disposizione più frequente è quella di due poltrone (il più possibile comode, sia per il paziente che per il terapeuta!) disposte una di fronte all’altra e leggermente inclinate. Questo tipo di posizione permetterà al paziente sia di guardare il terapeuta negli occhi che di evitare il suo sguardo quando non se la sentirà.
Lo psicologo può davvero risolvere i miei problemi?
Lo psicologo non dà la soluzione ad un problema. Questo perché ogni persona possiede una spinta innata alla realizzazione di se stessa e all’espressione delle proprie potenzialità. Il disagio porta la persona a rinunciare a questa naturale crescita che adotta comportamenti di difesa nei confronti della vita. Lo psicologo, quindi, dovrà aiutare a rimuovere gli ostacoli che bloccano la strada per lo sviluppo di una personalità matura e realizzata. Una volta che gli ostacoli saranno rimossi, le forze di autorealizzazione innate riprenderanno a funzionare.
Per rimuovere questi ostacoli e aiutare il paziente a superare disagi e difficoltà lo psicologo potrà:
- Chiarire e focalizzare il problema
- Dare sostegno
- Condividere empaticamente i vissuti
- Offrire contenimento
- Individuare attivare risorse personali
- Permettere un’esperienza emotiva-correttiva
- Favorire il riconoscimento delle emozioni
Chi è lo psicologo e come lavora?
Per prima cosa lo psicologo/psicoterapeuta non è uno psichiatra e per questo motivo non può prescrivere farmaci. Può in alcuni casi, consigliare una terapia farmacologica che necessariamente deve essere prescritta dallo psichiatra.
Psicologo e psicoterapeuta sono “compagni di viaggio”, ascoltatori liberi da pregiudizi che accolgono tutto ciò che per la persona è emotivamente insopportabile. Come dei contenitori forti e resistenti accolgono quello che la persona non è in grado di sopportare, per poter poi avviare un processo di metabolizzazione e attribuzione di significato alle esperienze emotive vissute. Questo permette di affrontare la vita senza la necessità di rimuovere o negare ciò che può far paura o creare difficoltà. In questo modo la persona scopre risorse di cui non era consapevole, che la rendono più forte e in grado di affrontare gli inevitabili ostacoli della vita.
Ma come lavora lo psicologo? Se necessario lo psicologo, oltre al dialogo, potrà ricorrere all’utilizzo di tecniche specifiche apprese nel corso della sua formazione. Seguendo il proprio modello teorico potrà utilizzare strumenti per fare diagnosi, test per la valutazione della personalità o per indagare la presenza di ansia o depressione. Alcuni terapeuti utilizzano tecniche per accelerare la terapia o per superare la naturale resistenza che si crea in alcuni momenti particolari del processo terapeutico. L’utilizzo dell’immaginazione e l’interpretazione dei sogni sono un esempio di ciò che un terapeuta, con formazione dinamica, potrebbe utilizzare.
Tecniche di rilassamento come il training autogeno possono essere utilizzate per superare alcuni momenti di tensione nella terapia oppure possono essere apprese dal paziente come risorsa per le proprie difficoltà al di fuori di essa.
Domani chiamerò….forse!
Quando è il momento giusto per prendere un appuntamento?
Quando ci si trova in difficoltà, è come se il momento giusto per iniziare una terapia non arrivasse mai. Molte persone non capiscono come uno psicologo possa essere d’aiuto, provano un senso di fallimento dovuto all’idea di non esser riusciti a risolvere i loro problemi solo con le proprie forze. Aspettare troppo fa aumentare le difficoltà mentre la forza e le risorse che potrebbero aiutare la persona ad affrontare e superare un momento difficile diminuiscono giorno dopo giorno. Chiedere di essere aiutati non significa essere deboli, anzi è un atto di forza così come lo è diventare consapevoli di essere di fronte ad un problema per cui non si hanno gli strumenti necessari per superarlo.
Quante sarà lunga la terapia?
Non è possibile stabilire a priori la durata della terapia. Si possono individuare obiettivi specifici (chiamati “focus”) che, una volta raggiunti, possono dare fine alla terapia. E’ bene ricordare, però, che durante il percorso gli obiettivi cambiano e si modificano o se ne aggiungono altri. Questo non significa che la terapia durerà per sempre ma soltanto che la sua durata dipenderà dalla persona e da ciò che vorrà raggiungere. Molti pazienti che concludono una terapia chiedono se potranno ritornare se ne avranno ancora bisogno. La maggior parte dei terapeuti danno la loro disponibilità. La terapia è come un viaggio che può iniziare e terminare senza sosta, avere delle pause o interrompersi quando lo si desidera.
La terapia mi cambierà per sempre?
Non è corretto affermare che la terapia cambia le persone. Quello che succede, invece, è individuare le risorse e i punti di forza che ognuno ha già dentro di sé. A volte è sufficiente sentire di avere vicino una persona che sappia accogliere e contenere ciò che può far paura ed essere ascoltati senza giudizio. Quando, invece, l’origine del malessere è sconosciuta la terapia guiderà la persona in un percorso di maggiore consapevolezza e comprensione che porterà, con il tempo, al superamento dei sintomi e del disagio.
Se vado dallo psicologo vuol dire che sono matto?
Sussiste ancora oggi il pregiudizio che rivolgersi ad uno psicologo significhi essere “matti”. La malattia mentale è un disturbo psicologico grave di cui si occupa un ramo della psicologia, ma non è certo l’unico.
Andare in terapia significa essere aiutati a risolvere problemi di coppia, in famiglia, con i figli o a superare ansie o disturbi più gravi come la depressione. Qualsiasi persona senta il bisogno di migliorare o chiarire aspetti della sua vita può ricorrere ad uno psicologo.
Quello che dirò rimarrà segreto?
Dal Codice deontologico dello psicologo, Articolo 11: “ Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate (…)”.