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La paternità:come cambia il corpo degli uomini

Dato che i corpi degli uomini non subiscono i cambiamenti biologici associati alla gravidanza, sono biologicamente e psicologicamente meno “preparati” delle donne alla cura dei figli“. Con lo studio sulla paternità condotto dall’antropologa Anna Machin questa convinzione, rilevata in diversi padri, cambia radicalmente. Infatti, anche il corpo dei padri subisce dei cambiamenti sia ormonali che cerebrali. In particolare l’antropologo Lee Gettler ha rilevato un calo del testosterone durante la paternità, soprattutto prima e subito dopo la nascita del primo figlio. I primi risultati di questa scoperta indicano che il calo è legato all’aumento del sentimento di cura e protezione nei confronti del figlio e della famiglia.

Anche a livello cerebrale ci sono dei cambiamenti. Infatti alcune aree legate all’attaccamento, alla cura, all’empatia e alla capacità di reagire e di rispndere in modo appropriato ai bisogni del bambino mostravano più materia grigia tra le 12 e le 16 settimane dopo la nascita rispetto alle 2-4 settimane dalla nascita. Questo dato riflette, secondo Machin, un aumento delle abilità legate alla genitorialità come nutrire e comprendere i bisogni del bambino.

Da quanto rivelato da questi studi possiamo pensare che l’evoluzione ha preparato gli uomini a diventare genitori come ha preparato le donne, senza dimenticare- però- che genitori si diventa man mano che si prosegue nel viaggio di crescita del proprio bambino. L’evoluzione ha fornito le capacità di base, alle madri quanto ai padri, per riuscire a sviluppare buone capacità genitoriali. Sarà compito di entrambi utilizzarle e svilupparle per una crescita e un cura il più armoniosa possibile.

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Ritrovare l’equilibrio

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PERCHE’ ESSERE GENTILI CON NOI STESSI?

Perchè è importante essere gentili e compassionevoli con noi stessi e con le parti che rifiutiamo?
Molto spesso siamo pronti ad essere gentili con gli altri ma dei giudici severi con noi stessi. Nel mio lavoro quotidiano vedo molte persone pronte a giudicarsi aspramente per degli errori fatti, per traguardi non raggiunti che considerano dei veri e propri fallimenti. Sono pronti a trattare loro stessi come se avessero commesso chissà quale crimine, giudici pronti a dare una sentenza definitiva di condanna.
Dentro di loro non c’è nessuna parte pronta a proteggerli, ad accoglierli nonostante i loro errori e a mostrare un pò di compassione. Spesso sono la prima persona che può dare loro questa nuova esperienza.
Riuscire a mostrargli come si può essere compassionevoli e non giudicanti li aiuta a provare amore e rispetto per loro stessi, alleggerendosi anche dal senso di colpa per non aver fatto abbastanza.

Quali benefici, quindi, si possono ottenere ad essere un pò più gentili con noi stessi?

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DARE IL BUON ESEMPIO PER UNA BUONA EDUCAZIONE

La buona educazione parte dalla coerenza tra ciò che vorremmo diventassero i nostri figli e i comportamenti che i genitori mettono in atto. I genitori sono lo specchio in cui i figli si riflettono.  

I bambini e i ragazzi assorbono i comportamenti degli adulti di riferimento, ripetendo tutto ciò che vedono e sentono. Avere un occhio costante puntato su di noi, pronto a registrare e a riprodurre tutto ciò che vede, può non essere semplice perché costringe i genitori a selezionare ciò che può essere produttivo e buono per l’educazione e il comportamento dei loro figli. Essere genitori è una sfida ma bisogna cercare di mantenersi coerenti in ciò che diciamo e facciamo perché i nostri figli costruiranno il loro comportamento su di noi, sul nostro modo di comportarci e di vivere. Meglio essere coerenti oggi che cercare, un domani, di modificare un comportamento ormai definito.

NON ESISTONO BAMBINI MALEDUCATI

Spesso si tende ad accusare il bambino per comportamenti sbagliati, senza chiedersi perché ha agito così o dove ha appreso quel comportamento. I bambini imparano per imitazione: imitano i genitori, gli insegnanti, gli altri bambini. Imparano comportamenti giusti e sbagliati in egual misura, senza fare differenza. È compito degli adulti scegliere il comportamento da mostrare e, quindi, insegnare. Un bambino imparerà l’empatia solo se il genitore si mostrerà empatico ed attento ai bisogni non solo del proprio figlio ma anche di chi gli sta intorno. Così imparerà l’educazione solo se avrà avuto modo di osservarla in famiglia. I genitori dovranno intervenire a correggere il comportamento quando il bambino mostrerà di comportarsi diversamente da come vogliono che si comporti. Non esistono bambini pigri, maleducati o disordinati ma genitori che desiderano ottenere dal proprio figlio un comportamento che loro per primi non mettono in atto.

COME INTERVENIRE OGGI?

 “Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi”

 non rimandare a dopo la possibilità di mostrare a tuo figlio come vorresti che si comportasse. Questo permette di risparmiare tantissimo tempo.

Iniziate da voi stessi

Siate i primi ad adottare uno stile di vita sano e coerente. Ogni giorno mostrate con il vostro comportamento quello che vorreste dai vostri figli. “L’esempio vale più di mille parole”: evitate lunghe prediche in favore del vostro buon esempio!  

Non gridate

Il ruolo di un genitore è difficile, così come mantenere la calma in alcuni momenti. Tuttavia nei momenti più difficili cercate di non gridare. Se lo farete i vostri figli assimileranno questo comportamento come accettabile, tagliando definitivamente la possibilità di instaurare un clima comunicativo. Se non riuscite a mantenere la calma allontanatevi e riprendete fiato. Ogni intervento fatto gridando sarà inutile e controproduttivo per il futuro.

Non abbiate paura di sbagliare

I figli non ci chiedono perfezione, né di non sbagliare mai. Gli errori si commettono ma ciò che potrete insegnare ai vostri figli è che gli errori si possono riconoscere, che si possono correggere ed andare avanti. Se glielo mostrerete loro lo impareranno.

Dimostrategli che gli volete bene

Fate vedere che siete felici, che gli volete bene e che siete orgogliosi di loro. I bambini impareranno a riconoscere in loro emozioni importanti, sapendo che possono condividerle con voi. Costruiranno la fiducia in loro stessi, consapevoli di ciò che accade fuori e dentro di loro.

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PERCHE’ RISCHIARE?

Spesso ci troviamo di fronte a delle scelte che ci obbligano a chiederci se vogliamo rischiare, per ottenere qualcosa in più, oppure preferiamo mantenere le cose senza cambiarle.

ACCETTO IL RISCHIO OPPURE NO?

Non è una domanda facile a cui rispondere, soprattutto se si accompagna alla paura di sbagliare e, quindi, di essere giudicati.

Nella scelta se rischiare o meno entrano in gioco due componenti: il timore di perdere ciò che si ha e la paura di fallire.

Ogni rischio porta con sé la possibilità di perdere qualcosa e questo aspetto assume un peso diverso a seconda del proprio carattere. Esperienze passate di perdita inducono la persona ad attaccarsi maggiormente a quello che possiede, evitandole ulteriori situazioni di perdita. In questo caso si eviterà di rischiare e si navigherà tranquilli con ciò che già si ha.

“Tenete in considerazione che i grandi amori e i grandi successi richiedono grandi rischi”

Dalai Lama

La paura di fallire è il secondo motivo per cui si tende ad evitare di assumersi dei rischi. Ci si protegge dalla possibilità di essere giudicati e di non ottenere ciò che si desidera ma la paura rinchiuderà la persona in se stessa, assicurandosi così che non otterrà mai nulla nella vita. 

IL RISCHIO DI OGNI GIORNO

Anche se non ce ne rendiamo conto ogni giorno conviviamo con il rischio. Uscire di casa la mattina è un rischio, così come decidere di cambiare lavoro o comprare una casa. Se riflettiamo su quante scelte siamo costretti a fare ogni giorno ci renderemo conto che non c’è nulla di garantito al 100%, che non preveda la necessità di assumersi dei rischi. 

E allora perché non andare oltre? Rendersi conto che nella vita quotidiana ci assumiamo già dei rischi a volte non basta a farci cambiare atteggiamento di fronte a delle situazioni più complesse. La domanda da porsi è “mi va bene non rischiare e non essere felice?”. Superare la paura di fallire ed accettare il rischio offre la possibilità di avere l’occasione di essere felici ed in sintonia con il proprio essere. Si evitano frustrazioni per il rimorso di non aver provato e, soprattutto, il dolore per aver perso un’occasione importante.

Vale la pena rischiare perché il rischio più grande è quello di non provarci nemmeno e perdere qualcosa senza aver potuto fare nulla. Siete pronti a rischiare?

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QUATTRO FASI PER SUPERARE L’ANSIA

L’ansia si manifesta in molti modi diversi e in ognuno di essi si ripete la solita domanda: come faccio a superarla?

Non esistono dei passi precisi che spengono definitivamente l’ansia ma un percorso che conduce la persona attraverso quattro tappe evolutive: riconoscimento, lavoro, cambiamento e conservazione.

COSA DEVO FARE?

La prima cosa da fare è sicuramente RICONOSCERE l’ansia. L’aiuto di uno psicoterapeuta può essere necessario per fare questo primo passo. L’ansia può essere consapevole oppure manifestarsi inconsciamente senza che ce ne rendiamo conto. Si può avvertire uno stato di inquietudine o sentire che qualcosa nella propria vita non va. In sottofondo c’è la paura di fermarsi e ascoltarsi. Molto spesso l’idea è che fermarsi ad osservare ciò che succede può essere pericoloso. Per questo motivo si va avanti negando i vari segnali che l’ansia, da buona amica, ci invia per richiamare la nostra attenzione su qualcosa che merita di essere visto ed ascoltato. Riconoscere e chiedere aiuto sono i primi passi per non negare queste sensazioni e per iniziare il percorso di superamento dell’ansia.

Una volta riconosciuta l’ansia e i suoi modi di espressione inizia il vero LAVORO. La terapia può innanzitutto fare della psicoeducazione, accompagnando la persona a conoscere l’ansia e i suoi meccanismi di espressione. Questo è il primo passo per imparare a gestire i sintomi e a riprendere il controllo sui propri comportamenti. Inoltre insegna a rilassarsi, ad ascoltare e gestire le proprie emozioni, ad individuare le priorità nella propria vita e ad affrontare i pensieri irrazionali. In questo modo si recupera la fiducia in sé stessi e si è pronti per la fase successiva: il CAMBIAMENTO.

Una volta riconosciuta l’ansia e imparato a rilassarsi è possibile iniziare a recuperare l’equilibrio perso.  Si recupera la tranquillità, si torna a prendere decisioni con più serenità e ad affrontare le difficoltà con un’energia diversa. Si imparerà anche a dedicarsi ad attività che diano soddisfazione e benessere al proprio corpo e alla propria mente. Prendersi cura di sé è il lavoro più importante e il più utile affinché la mente abbia le giuste forze per mantenere un sano equilibrio.

Infine, l’ultima fase è quella della CONSERVAZIONE. A questo punto del percorso è possibile raccogliere i frutti di tutto il lavoro svolto: una maggiore consapevolezza, un migliore senso di efficacia di fronte alle situazioni difficili e la capacità di distinguere l’ansia da altre reazioni.

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CIBO E PSICOLOGIA: mangiare con consapevolezza!

cibo e psicologia

CIBO E PSICOLOGIA

La psicologia può aiutare anche nel controllare la fame e come supporto alle diete. Mangiare con consapevolezza è il primo passo per iniziare nel migliore dei modi una dieta e …. per portarla a termine con successo!

Cerchiamo di capire come la psicologia può esserci utile quando facciamo una dieta.

CIBO ED EMOZIONI. Il cibo è strettamente collegato alle emozioni e il loro rapporto nasce dalle primissime fasi della vita, mantenendo una forte influenza per tutta la vita. Pensate a quando siete stati particolarmente tristi. C’è stato un cibo particolare che avreste mangiato?

Non solo il cibo può “curare” le nostre ferite emotive ma, viceversa, le emozioni possono influenzare il nostro appetito. La cosiddetta “fame emotiva” si riferisce al fatto che le emozioni (e non solo la pluriaccusata rabbia!) influiscono sul nostro comportamento alimentare.

Il cattivo umore, per esempio, ci porta a ricercare in quantità maggiore cibi zuccherini e grassi e a preferire continui spuntini piuttosto che un pasto completo. Per contrastare il cattivo umore, però, è possibile carcare di dedicare più tempo alla scelta di cosa mangiare, impegnandoci a preferire cibi più salutari e a vivere questo momento come una coccola a noi stessi.

CIBO E CATTIVE ABITUDINI

Mangia con consapevolezza, assapora con gli occhi e con il gusto il cibo che hai nel piatto. Mangiare lentamente fa bene non solo alla digestione ma anche anche alla mente perchè permette di registrare il cibo che stiamo ingerendo, intervenendo sul senso di sazietà. Mangiare velocemente senza neanche rendersi conto di ciò che si ha nel piatto non aiutarà il nostro senso di fame nè la soddisfazione di aver mangiato del buon cibo!

Un’altra cattiva abitudine è mangiare con la televisione accesa. Questa cattiva abitudine ci porta a mangiare di più e a provare meno piacere.

Mangiare non è solo un atto meccanico. Come abbiamo visto sopratutto perchè attraverso di esso comunichiamo amore per noi stessi e per coloro che mangeranno le nostre pietanze. Cibo è anche amore.

Prenditi il giusto tempo per cucinare, mangiare e gustare quello che hai nel piatto. La tua linea e la tua mente ti ringrazieranno!

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Studio di psicoterapia: sedi e contatti

L’attività di studio di psicoterapia si svolge presso la sede di Chiari in via Rudiano,16 e a Brescia in via Don Arcangelo Tadini, 49.

Per informazioni e appuntamenti chiamare il 347/051 34 22 o scrivere una email a sarcop@gmail.com

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AUTOSTIMA: quale responsabilità abbiamo?

COSA INCIDE NEGATIVAMENTE SULLA NOSTRA AUTOSTIMA?

Come vi sentite quando qualcosa di cui non avete responsabilità agisce sulla vostra vita?
Vi è mai capitato?

Molte cose incidono sulla nostra autostima in modo negativo: da difetti fisici che rovinano l’ideale di immagine di noi stessi all’esperienza di perdere un genitore in giovane età o dover affrontare una grave malattia.

Alcune di queste possiamo controllarle e dipendono dalla nostra responsabilità ma moltre altre sono totalmente INDIPENDENTI.

Nonostante tutto, eventi assolutamente indipendenti dalla nostra volontà e responsabilità agiscono, e anche in modo importante, sulla nostra autostima.

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Il coraggio di chiedere aiuto!

“Pooh, qual è la cosa più coraggiosa che tu abbia mai detto?”, chiese Pimpi (il maialino).
“Aiuto”, disse Pooh

Chiedere aiuto non è segno di debolezza la un atto di coraggio e di amore verso se stessi.

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